Se la torrida estate ha riservato all’Avvocatura l’umiliazione di una serie di “norme” che hanno reso ancor più drammatica la realtà della nostra Categoria, l’anticipato autunno ci gela con un diluvio di provvedimenti che, con violenza inaudita, impattano negativamente sulla nostra condizione professionale.
Solo in ordine cronologico, ecco l’ultima novità: Cassa Forense modifica il proprio Regolamento alle prestazioni e contributi (Clicca qui per scaricare il comunicato della Cassa Forense).
Tema sensibile – anzi sensibilissimo per tutti noi – eppure estraneo all’attenzione del neo Consiglio dell’Ordine che, sul punto, tace imperterrito ed inerte.
Rimbocchiamoci (noi si!) le maniche e, da Avvocati quali siamo, cerchiamo di analizzare la vicenda.
Il D.L. 201/2011, convertito in L 214/2011, ha imposto alla Cassa Forense ben 50 anni di stabilità.
Per ottenere lo scopo, il Comitato dei Delegati ha apportato delle modifiche, inserendole nel solco della riforma già varata nel 2009.
In sostanza e soldoni: dal primo gennaio 2013, l’aliquota del contributo soggettivo sale al 14% (risparmio a Voi e a me stesso ogni menzione in ordine agli altri aumenti, previsti a far data dal 2017…).
Attenzione, però, perché a fronte di questo aumento è stata resa facoltativa la contribuzione modulare dell’1%: ci dicono dalla Cassa – magra consolazione – che potremo compensare l’aumento di che trattasi.
Certo tutti ci saremo attesi una comunicazione esplicativa di “qualcuno”.
Ma essa non è giunta.
Domanda: quale “politica previdenziale” è stata attuata?
Ebbene, a fronte della minaccia contenuta nella norma suddetta, si trattava di stabilire esclusivamente il “metodo di calcolo” più consono per ottenere una stabilità da qui a mezzo secolo.
Con la “pistola” legislativa puntata “alla tempia” dell’Avvocatura, il sistema “retributivo pro rata” ha scalzato quello “contributivo”.
Vale a dire in estrema sintesi: la nostra pensione dipenderà dalla retribuzione media di tutti gli anni di lavoro e dall’anzianità maturata (ma prescinderà dall’ammontare dei contributi versati).
Se si fosse imposta l’altra visione politica, l’ammontare della nostra pensione sarebbe stato commisurato ai contributi versati (secondo il principio del “più versi, più prenderai”).
Quindi, tutto deciso?
No. Perché le scelte operate dal Comitato della Cassa subiscono, in queste ore, l’esame dei “Ministeri vigilanti”, entità sconosciute a noi e, quel che è molto peggio, anche alle nostre Istituzioni territoriali romane, le quali invece di incalzare, riposano sulle loro poltrone.
Vedremo cosa decideranno i Cerberi alla fatidica data del 30 settembre p.v..
A noi l’onere di tenerci informati: sul sito www.afec.it potrete seguire approfondimenti sulla questione, con il prestigioso contributo di esperti della materia previdenziale.
Da parte mia, proseguirò nell’opera informativa e politica, a tutela e salvaguardia della nostra dignità di Avvocati, non arretrando neppure di un centimetro come tantissimi Colleghi mi chiedono, non facendomi mancare mai il loro supporto.